“Non mettere tutte le uova nello stesso paniere”
Così recita un vecchio adagio popolare. Saggezza antica, foriera di preziosi consigli tratti dalla vita quotidiana, nella quale solo chi conosce la natura dell’essere umano sa che frazionare il rischio non significa essere pavidi o paurosi ma piuttosto affrontare le vicissitudini con buon senso ed equilibrio.
Evidentemente non solo dal punto di vista finanziario.
Ma è proprio in questa prospettiva, da questo scorcio, che vogliamo affrontare la questione. Dalle opzioni di natura finanziaria: selezionare all’interno di un mercato di riferimento singoli titoli sui quali investire o investire in tutti i titoli di quel mercato? L’investitore razionale, a parità di rendimento atteso, preferirà sempre l’alternativa che presenta un rischio minore. Ma nella vita di tutti i giorni riusciamo a essere così razionali? Riusciamo a determinare le nostre scelte sulla base di criteri obiettivi? Sembra proprio di no. La recente storia finanziaria insegna che troppo spesso, invece, la direzione è stata quella di concentrare tutto il patrimonio in singoli titoli, sulla base di prospettive di rendimento “migliori” (vd. i recenti crack bancari nazionali ed esteri).
Comee ha dimostrato William Sharpe[1], infatti, investire sull’intero mercato piuttosto che in singoli titoli realizza la modalità più “sicura” ed “efficiente” di impiegare il proprio risparmio per l’obiettivo pianificato, soprattutto in termini di gestione del rischio. Quanto più risulta ampio il mercato di riferimento tanto maggiore sarà l’effetto benefico della diversificazione sul proprio patrimonio. Ma anche questa ‘diversificazione’ deve essere distinta in “efficiente” e “inefficiente”, ponendo l’accento sulla reale capacità dell’investimento scelto di portare valore aggiunto al contenimento del rischio.
Il grafico sotto riportato (Fig. 1) dimostra come questo si possa ottenere solo attraverso la selezione di mercati che non sono in relazione tra di loro, che non evidenziano, quindi, storicamente lo stesso andamento. E questa, in termini tecnico-finanziari, è la decorrelazione.
Fig. 1
[1] Premio Nobel per l’economia nel 1990.