IL FINE CARRIERA TRA DUBBI E SPERANZE

E’ passato poco più di un anno dalla scomparsa di Chris Pfeiffer, il re degli stuntman. Dopo una carriera ventennale da trialista, endurista, stuntman ufficiale di Ducati e BMW al fianco di Tom Cruise, vincitore per quattro volte del prestigioso Erzberg Rodeo Red Bull Hare Scramble e ad oltre più di mille eventi in 94 Paesi del mondo, dopo aver deciso a 45 anni ritirarsi dalla scena e ad appena cinque anni da questo evento si toglie la vita, sconfitto dalla depressione in cui era piombato una volta “appeso il casco al chiodo”.

 

Cosa può spingere un atleta con una straordinaria carriera agonistica alle spalle a farla finita?

L’’evoluzione della carriera di uno sportivo professionista concentrata in quei fondamentali e decisivi 20 anni potrebbe essere uno dei motivi,  tanto da oramai interessare una vastissima platea di ex sportivi che pur non giungendo agli estremi, a pochi anni dalla cessazione della loro attività,  si trovano ad affrontare il post carriera tra mille difficoltà, non solo economiche.

Così, dopo aver sacrificato la propria vita per dedicarsi costantemente alla loro passione agonistica, sottoponendosi a trasferte, pressioni da parte di allenatori, sponsor, società, tifosi e duri allenamenti, tutto ciò, accompagnato da vittorie, fama e guadagni elevati, si trovano a dover fare i conti con la “normalità” della vita quotidiana fatta di famiglia, tempo libero,amici e denaro a disposizione.

E’ proprio in questi precisi momenti che possono insorgere sentimenti di frustrazione, tristezza, ansia e depressione per l’incertezza che riserva il futuro.  “In psicologia si parla di un vero e proprio “lutto”, inteso come cambiamento della propria condizione esistenziale che necessita di un riassetto nel quotidiano e del significato che la persona attribuisce alla sua esistenza. Tale sentimento di perdita può riferirsi alla fine di un’esperienza alla quale si è stati legati per molti anni (es. la conclusione di una carriera lavorativa, sportiva, professionale) e al crollo dell’immagine che si aveva di se stessi. Molti ex-atleti sublimano il desiderio di perpetuare la propria vita da sportivi diventando allenatori, istruttori, dirigenti di associazioni sportive, proiettando così le proprie aspettative sui giovani atleti e rivivendo, grazie a loro, il proprio sogno agonistico”  (cit. Dott.ssa Anna Venturini – Dott. Bargnani Alessandro Ceo CISSPAT LAB).

In realtà secondo una studio recente sul post carriera  commissionato dall’AIC  al gruppo Ghiretti & Associati il 61,4% degli ex professionisti non opera a nessun livello nel mondo del calcio, nonostante il tre quarti degli atleti in questione abbia acquisito un titolo per farlo (di questi ben il 97,5% quello di allenatore). L’ex-atleta si trova non solo a doversi adattare a nuovi orari, ritmi, alimentazione, cercare altre fonti di guadagno e porsi obiettivi di vita alternativi a quelli sportivi, ma soprattutto si trova ad affrontare una possibile crisi di identità (da ”io” campione sportivo a “io” cittadino del mondo).

Ecco allora che per la stella dello sport diventa “vitale” nel pieno della propria carriera gestire al meglio le proprie risorse (fisiche, mentali ed economiche), pianificando  e costruendo percorsi di tutela presente e futura per vivere il “secondo tempo” con meno ansia e più serenità.

La partita però non è ancora terminata, rimane la seconda “frazione di gioco”, cioè tutta quella parte di vita che l’ex sportivo professionista dovrà affrontare con un nuovo tenore di vita, con bisogni personali e familiari, desideri e progetti. In questa fase è  fondamentale la condivisione tra ex sportivo e professionista del settore al fine di procedere ad una corretta pianificazione reddituale e patrimoniale, riducendo i rischi di “sopravvivere alla propria ricchezza”.

 

Secondo lo studio di una importante società di gestione finanziaria americana, ad esempio,  prelevando l’8% annuo dal capitale risparmiato negli anni di lavoro sportivo il patrimonio a disposizione si esaurirà dopo soli 5 anni. Già con un tasso di prelievo inferiore, ad esempio del 5%, si potrà prolungare di 13 anni la durata del patrimonio. In generale tutti gli sportivi professionisti in genere desiderano poter disporre della maggior quantità di denaro possibile, anche dopo la cessazione dell’attività agonistica,  occorre solo condividere con loro l’impatto che questo può avere sul loro benessere futuro, non solo da un punto di vista economico. Discutere sulla necessità di calcolare un tasso di prelievo adeguato al nuovo tenore di vita ed ai propri progetti di vita rappresenta la “gara” più importante da affrontare a fine carriera.

 

Anche la corretta allocazione della ricchezza accumulata potrà favorire la longevità del patrimonio a disposizione una volta cessata l’attività agonistica. Un giusto mix di strumenti finanziari ed assicurativi rappresenta la corretta strategia per garantire allo sportivo un fine carriera più sereno e stimolante, evitando di incorrere in scelte che potrebbero mettere a rischio il benessere futuro della sua famiglia e dei suoi obiettivi di vita. Il modo migliore per rendere concreto tutto questo è affidarsi ad un professionista del settore che affianchi l’ex atleta nel dare valore ai suoi bisogni e ai suoi desideri.

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