Negli ultimi anni la digitalizzazione ha invaso ogni ambito: quello delle relazioni, sempre più mediate da dispositivi digitali, quello lavorativo, che si va ridimensionando a un contesto sempre più virtuale, quello pubblico-amministrativo, pensato per essere, per così dire, più “smart” e, attraverso la tecnologia, più vicino al cittadino.
Un altro settore fortemente capillarizzato dall’avvento del digitale e delle nuove tecnologie è quello ludico-sportivo. Anche in Italia va consolidandosi il fenomeno degli E-sports, vale a dire gli sport virtuali praticati attraverso l’impiego di dispositivi digitali e mediante l’utilizzo di piattaforme virtuali dedicate.
Secondo alcune recenti stime oltre 475 mila persone ogni giorno dichiarano di seguire in streaming (prevalentemente su Twitch) eventi E-sports e le squadre che competono sulle piattaforme digitali godono di una fanbase di oltre 1 milione e mezzo di utenti.
Questi numeri così importanti, non solo sono indici rivelatori dell’impatto (e del potenziale) economico degli E-sports in Italia (secondo stime Nielsen si parla di 47 – 51 milioni di euro annui) ma anche della complessità del settore. Complessità che, inevitabilmente, solleva anche questioni di natura legale, fiscale e tributaria.
Ebbene, stante la portata dell’argomento, alla luce del fatto che gli E-sports in molti Paesi hanno ottenuto un riconoscimento ufficiale e sono divenuti una vera e propria forma di intrattenimento nazionale (anche in Italia di recente il Coni ha siglato un protocollo d’intesa con il Comitato Promotore E-sports Italia), We Wealth ha deciso di indagare il fenomeno con il contributo di Andrea Mileto, dello studio legale Lexant, specializzato in assistenza a club, atleti, squadre e federazioni per affrontare con efficacia le problematiche legate al mondo degli E-sports.
Qual è il regime fiscale applicabile ai proventi dei “gamers” e di coloro che, in linea generale, guadagnano attraverso canali streaming di attività sportive? Si tratta di un regime che ricalca, tutto sommato, la disciplina ordinaria o, rispetto al mondo dell’entertainment legato allo sport, vi sono novità?
Per un gamer professionista abbiamo due principali fonti di guadagno. Da un lato i proventi derivanti dall’attività di gaming on-line, e, quindi, premi e vincite che discendono dalla partecipazione ai tornei; dall’altro i guadagni che provengono da collaborazioni stabili con un team, dalle trasmissioni on-line su piattaforme di streaming, sponsor e pubblicità.
Quando un gamer percepisce questo tipo di proventi, il cui inquadramento fiscale dipende dalla tipologia di reddito percepita, avremo un’attività per lo più di lavoro autonomo.
Nel caso di premi e vincite, detti proventi saranno inquadrati nella tipologia di cui all’art. 67, lettera d) del Tuir, per cui rientranti nella categoria dei “redditi diversi”.
Qualora invece l’attività del gamer diventi abituale egli dovrà aprire partita IVA utilizzando uno dei regimi fiscali ordinari previsti in Italia.
Come sono qualificate le associazioni che operano nel campo degli E-sports? Vi sono dei risvolti (o criticità) fiscali e legali?
Nel panorama degli E-sports italiano, in assenza di specifiche normative di settore, si è delineata la presenza sia di vere e proprie imprese, costituite sotto forma di società di capitali, sia di associazioni sportive dilettantistiche e/o culturali, grazie alla spinta del lavoro svolto dagli Enti di Promozione Sportiva (Asi, Mps per citare i primi a costituire al loro interno vere e proprie sezioni E-Sports).
Va specificato che quest’ultime Asd, ove svolgano mera attività e-sportiva non godono del riconoscimento sportivo (fatta eccezione per Sim Racing e alcuni E-sports motociclistici) e dunque non possono beneficiare di tutta quella normativa di favore, anche dal punto di vista fiscale, di cui gode il mondo sportivo dilettantistico tradizionale.
A che punto è il processo di regolamentazione legale e fiscale del settore E-sports in Italia?
Nell’ultimo biennio il Coni, sulla spinta delle raccomandazioni del C.i.o. che già a marzo 2021 ha inserito (al punto 9 dell’Agenda Olimpica 2020+5) l’obiettivo di incoraggiare lo sviluppo degli sport virtuali, ha conseguentemente intrapreso attraverso il Comitato Promotore E-sports un processo di riconoscimento di una vera e propria Federazione “Sport Virtuali”. A livello legislativo non è stato fatto ancora nulla, o quasi. La scorsa estate, infatti, il mondo E-Sports è stato scosso dal cosiddetto scandalo “Langate” che pur riguardando solo indirettamente il settore, ha fatto in modo che gli operatori del mondo gaming si unissero per richiedere a gran voce un intervento legislativo.
Il risultato è stato un primo, seppur timido, tentativo di regolamentare il settore degli Sport virtuali, sotto forma di Proposta di Legge, cui si deve comunque attribuire il merito di aver provato a porre le basi della regolamentazione di un setto- re, che sembrerebbe essere più vicino al mondo dell’entertainement rispetto a quello dello sport tradizionale. Non va però dimenticato che, recentemente (novembre 2022), il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che riconosce il valore dell’industria degli E-sports e dei videogiochi, raccomandando di sostenere e finanziare detti settori secondo una strategia a lungo termine.
Qualora il Legislatore Italiano accogliesse questa raccomandazione potremmo assistere ad una prima vera regolamentazione del settore.
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