E’ vero, è uno dei trend comunicativi del momento quello di coinvolgere atleti ed ex atleti in testimonianze di vita all’interno di spot, trasmissioni televisive e convention aziendali. I para olimpionici Alex Zanardi o la schermitrice Beatrice Vio, ad esempio, sono sempre più fonte di ispirazione per chi nella vita sta cercando la propria via verso la felicità. Anche le imprese si sono messe in scia a questo trend, iniziando negli anni 90 con l’introduzione della metafora sportiva nelle iniziative formative, invitando, poi, le star dello sport all’interno dei loro eventi, fino a utilizzarli talvolta come veri e propri coach o trainer all’interno dei team di lavoro e nelle varie catene produttive. Sgombriamo subito il campo da ogni pregiudizio degli “addetti ai lavori” circa la capacità comunicativa degli ex sportivi professionisti, a “comunicare” per loro c’è la personale storia di vita . . . sportiva, fatta di programmazione, disciplina, sacrificio e controllo. Ecco perché ci si interroga sulle dinamiche che invece portano “all’indigenza” una forte percentuale di ex atleti professionisti entro i successivi cinque anni dalla fine della propria carriera. Ecco allora che il vero coach di cui lo sportivo professionista ha bisogno è quello che è capace di “allenarlo” alla vita sia durante che al termine dell’attività sportiva professionistica. Un allenatore che sappia sostenerlo nelle buone pratiche di consumo; un allenatore che sappia condividere con lo sportivo professionista i suoi obiettivi di vita e disciplinarlo nella saggia e funzionale gestione del proprio reddito proprio in quel brevissimo lasso di tempo in cui lo produce. Se è vero che “allenatori” di vita ci si diventa è altrettanto vero che la serenità a fine carriera si costruisce passo dopo passo, con passione, disciplina e tanta, tanta buona pratica . . . di consumo.
Fonte: informazionesenzafiltro.it
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